Ultima Domenica dopo l’Epifania

Domenica del perdono
Giornata mondiale del Malato

In cosa consiste “l’intima presunzione di essere giusti” di cui parla oggi il Vangelo? Consiste nel mettere tranquilla la nostra coscienza davanti a Dio convinti che non facciamo niente di male. Oh Dio, guarda che schifo di mondo: omicidi a nastro, e io non sono mica un omicida, femminicidi come se piovesse, e io non sono mica un femminicida, truffe di ogni genere, e io non sono certo un truffatore, evasione fiscale alle stelle, e io pago tutte le tasse fino all’ultimo spicciolo perché me le trattengono dalla busta paga o dalla pensione, mica posso evadere. Oh Dio, io non sono come questa gentaglia che magari viene pure a Messa la domenica e si siede vicino a me. Non faccio niente di male.
Già. Non facciamo niente di male e così abbiamo già decretato che non abbiamo bisogno della grazia divina, che bastiamo e avanziamo a noi stessi.
E invece arriva Gesù il guastafeste: invece di dirmi “bravo, continua così”, mi sbatte in faccia un pubblicano, un vero peccatore che a suoi tempi era considerato al pari di una sgualdrina, il quale invece di sentirsi a posto dicendo “io non faccio niente di male” riconosce di peccare e chiede pietà. E a differenza del fariseo torna a casa sua “giustificato”, dice il Vangelo, che nel linguaggio giuridico del tempo vuol dire “non colpevole, innocente”. Ah, l’inafferrabile, inconcepibile, assurda giustizia di Dio: il colpevole diventa innocente e l’innocente diventa colpevole.
Nella vita non importa che tu ti senta pubblicano o fariseo: se vuoi guadagnarti un posticino nel Regno dei Cieli sarà meglio imparare a chiedere pietà a Dio.

(A. M. Argine)


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